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tre poesie

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L'eucalyptus

 

Non una dolcezza mi matura,
e fu di piena deriva
ad ogni giorno
il tempo che rinnova
a fiato d'aspre resine.

 

In me un albero oscilla
da assonnata riva,
alata aria
amare fronde esala.

 

M'accori, dolente rinverdire,
odore dell'infanzia
che grama gioia accolse,
inferma già per un segreto amore
di narrarsi all'acque.

 

Isola mattutina:
raffiora a mezza luce
la volpe d'oro
uccisa a una sorgiva.

 

[ da Òboe sommerso, Edizioni di Circoli, 1932 ]

 

 

 

Forse il cuore

 

Sprofonderà l'odore acre dei tigli
nella notte di pioggia. Sarà vano
il tempo della gioia, la sua furia,
quel suo morso di fulmine che schianta.
Rimane appena aperta l'indolenza,
il ricordo d'un gesto, d'una sillaba,
ma come d'un volo lento d'uccelli
fra vapori di nebbia. E ancora attendi,
non so che cosa, mia sperduta: forse
un'ora che decida, che richiami
il principio o la fine: uguale sorte,
ormai. Qui nero il fumo degli incendi
secca ancora la gola. Se lo puoi,
dimentica quel sapore di zolfo
e la paura. Le parole ci stancano,
risalgono da un'acqua lapidata;
forse il cuore ci resta, forse il cuore...

 


Uomo del mio tempo

 

Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.


[ da Giorno dopo giorno, Mondadori, 1946]

 

 fotografia da Wikipedia

 

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